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Encore Fou

Il Numero Undici 12″ LP

Clear Vinyl | 300 copies

A forgotten classic of Italian hardcore punk, which in December 2000 symbolically closed the exciting and still partially dark season of the purest and do it yourself nineties. His screaming blend of emo, metal, crust, sarcasm and despair still resonates spontaneously and powerfully today. Very Canadian, for those who handle codes and sub-genres of those years, and keep the complete HeartattaCk collection at their parents’ home. Very crude, violent, impetuous and human, evidently created by outsiders without too many positional concerns for others. Revered by a few but determined followers, the number eleven returns for the first time on vinyl, remastered and with new graphics, and with a 16-page color booklet filled with photos, vintage posters and texts. For the same Shove Records that released it almost 22 years ago, and which celebrates 100 releases with this reissue. For fans of One Eyed God Prophecy, Uranus, With Love, His Hero Is Gone.

Come nella migliore tradizione punk-hardcore, Il numero undici è l’unica e fulminea testimonianza registrata dell’esistenza degli Encore Fou. 23 minuti in tutto, in realtà ancora meno se consideriamo che l’album comincia con una inquietantissima introduzione, presa a sua volta dall’incipit del capolavoro avatiano La Casa Dalle Finestre Che Ridono (1976), e parte effettivamente solo 1’45” dopo. Con il minuto e poco più di Crocifisso in sala mensa (“Sorridi impaurito oggi/Sarai come me dopodomani/Io sarò già altrove”), bruciando di vita come il pittore delle agonie Buono Legnani intento a ritrarre sinesteticamente una rumorosa supernova, proveniente da una remota galassia punk-hc.

Quella degli Encore Fou è stata una rivoluzione d’estate – chiamatela screamo o emo-violence se volete, che le etichette servono, ma non stiamo a perderci troppo tempo che ne abbiamo già perso troppo – 15 anni dopo i riti di primavera. Una rivoluzione che non guardava solo a Washington DC e al punk hardcore italiano come te lo aspetti. 2/5 della formazione provenienti da Torino e 3/5 da Aosta, con delle coordinate però che in un certo senso stavano alla periferia della periferia del punk-hc degli anni ’90. Margini geografici e attitudinali (“Ai marigini non mi ci hanno messo/Mi ci sono rifugiato”), Territori del Nord Ovest dai quali i cinque misfits (sub)alpini provavano a rimettere in discussione i cliché classici del genere, e quelli dei loro tempi.

La parabola del gruppo, anch’essa fedele alla migliore tradizione di cui sopra, durerà poco meno di tre anni, dal 1998 al 2001: il cantante e il bassista finiranno nei funk-punkers Disco Drive, il batterista e uno dei due chitarristi nei folk destroyers Treni All’Alba, ma questa è un’altra storia. Il tempo di venir chiamati dai lanciatissimi At The Drive-In come spalla nel tour italiano del 2001 dopo il successo di Relationship Of Command – con consueto corredo di dibattiti/polemiche della tribù (o riserva?) punk-hc sul suonare nei locali con ingresso a 20000 lire invece che nei centri sociali a sottoscrizione (come gli At The Drive-In avevano tra l’altro fatto l’anno prima di entrare nel mainstream, quando ancora questa parola aveva un significato) – e la supernova si spegne e cessa di esistere, perlomeno in quella forma energetica.

Se fou vera gloria, come al solito ce lo diranno i post, ai quali è demandata l’ardua sentenza. Certo è che se prima di quegli anni gli Hüsker Dü delle montagne cantavano “Non mi chiedere se ho vinto o se perso”, la fine della silver age del punk-hc italiano, già connesso prima che tutto diventasse iper-connesso, veniva laconicamente sancita con Due grammi di rivoluzione: “Hai perso/Abbiamo tutti perso”.
– Marco Pecorari (Rumore)